Dis-uguaglianza, l’essere disuguale, differente. Un principio che ci rimanda a due concetti fondamentali ovvero la molteplicità ed eterogeneità degli esseri umani e la grande varietà dell’uguaglianza: di diritti, di doveri, di etnia, di genere, di possibilità, di capacità… fino al reddito e ai tassi finanziari, l’ormai onnipresente parola spread (differenziale).
In effetti, la dis-uguaglianza possiamo anche leggerla al contrario, come ci suggerisce Amartya Sen: l’essere uguali a che cosa?1
Tuttavia se è vero che “tutti gli esseri umani nascono uguali”, questa retorica ci suggerisce anche, e lo abbiamo visto con le ultime festività natalizie, che non siamo tutti uguali, almeno nell’accesso alle risorse e alle opportunità, punto di partenza molto spesso della discriminazione sociale. Anche solo considerando il punto di vista economico, gli ultimi dati della Banca d’Italia pubblicati alla fine del 2012 fanno ben comprendere il nostro squilibrio: il 10% delle famiglie italiane ha in mano il 45,9% della (cosiddetta) “ricchezza complessiva del Paese”2.