KEN AULETTA, Effetto Google. La fine del mondo come lo conosciamo, Milano, Garzanti, 2010, pp. 444, € 19,60
NICHOLAS CARR, Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello, Milano, Raffaello Cortina, 2011, pp. 320, € 24,00
Google svolge un ruolo così preponderante nella nostra “vita digitale” che forse ci stupirà sapere quanto dei suoi profitti scaturisca da un’unica fonte. Quasi ogni persona che na-viga in rete si affida a uno dei tanti servizi che offre questa azienda. Io stesso uso quasi regolarmente Google Search, Gmail, Google Chat, Google Chrome, Google Reader, Google News, YouTube, Blogspot, Google Profiles, Google Alerts, Google Translate, Google Book Search, Google Groups, Google Analytics e Google 411.
Eppure, pochi di questi servizi si autosostengono: la sola YouTube ha perso centinaia di milioni di dollari per anno. Nel 2008, la pubbli-cità sul motore di ricerca di Google rendeva il 98 per cento dei 22 mi-liardi di dollari di fatturato della compagnia, e, per quanto Google si rifiuti di fornire le percentuali più recenti, il suo fatturato del 2009 di 23,6 miliardi di dollari indica che poco è cambiato.
Analizzando la storia di questa azienda possiamo capire meglio qual è la ragione per cui il motore di ricerca di Google rimanga la sua singola e più cospicua fonte di fatturato e per quale motivo quel fatturato supera quello di ogni altro sito web. Nel 1998, quando Sergey Brin e Larry Page, freschi di laurea a Stanford, fondarono Google, i motori di ricerca esistenti erano talmente inadeguati che una persona era esperta anche solo se, di-gitando il suo stesso nome, era in grado di trovarsi. La ricerca della parola “automobili” su Lycos, uno dei migliori motori di ricerca, restituiva più siti pornografici che siti di macchine.