GIANFRANCO PASQUINO
La lettura offerta dai quotidiani e dalla televisione italiana dei grandi avvenimenti in Tunisia, in Egitto e in Libia, accompagnati da turbolenze in Bahrein e nello Yemen, è apparsa improntata prevalentemente su due considerazioni.
La prima riguarda l’incapacità di prevedere avvenimenti di quel tipo, che segnalerebbe l’inadeguatezza non soltanto degli osservatori abituali e dei commentatori occasionali, spesso giornalisti di professione, ma degli stessi studiosi.
La seconda è la preoccupazione ripetutamente manifestata, soprattutto in Italia dallo stesso presidente del Consiglio e dal suo ministro per gli Affari Esteri, che da quei regimi autoritari si esca non per andare verso la democrazia, o addirittura per ottenerla, quanto, piuttosto, per finire nelle mani dei militari e/o dei fondamentalisti islamici: ovvero, dalla padella autoritaria alla brace militar-fondamentalista (incidentalmente, la “brace” militare esclude quella fondamentalista e viceversa).