Fernando Marchiori, Negli occhi delle bestie. Visioni e movenze animali nel teatro della scrittura, Roma, Carocci, 2010, pp. 144, € 16,00
Come nasce un libro? Qual è il seme che gli dona vita? Una lettura che turba, una precedente scrittura da sviluppare, un’indignazione cui non è possibile sottrarsi? Nel caso del singolare Negli occhi delle bestie di Fernando Marchiori, opera forse un po’ tutto questo, e altro ancora.
Innanzitutto, lo studioso si occupa di animali, esseri privi della parola, e del nostro rapporto con loro. Si parla dello strano fascino che emana dal loro silenzio, anzi dal loro sguardo enigmatico. Alcuni ci fanno compagnia, in quanto siamo riusciti ad addomesticarli, al punto che costituiscono in qualche modo la nostra infanzia, la nostra favola. Altri, per lo più, li mangiamo o li scuoiamo per riscaldarci e per vanità. A loro dedichiamo comunque uno spazio proporzionato alla loro marginalità. E, nondimeno, le bestie sono da sempre oggetto di studio da parte di paleontologi ed evoluzionisti, di filosofi, di pensatori, di storici, affondando le loro radici nella preistoria individuale e della specie.