Siamo quello che mangiamo e beviamo? È la domanda, estesa in più al bere, posta nella traccia del tema di maturità 2011: la più gettonata, pare. Del resto, il famoso titolo dell’opera del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach, L’uomo è ciò che mangia, ha posto – da allora, il 1862 – le questioni di fondo legate all’alimentazione: a quali bisogni rispondono il cibo e l’acqua (peraltro contenuta nel cibo stesso) oltre a quello primario del sostentamento? E poi, parlando dell’oggi, in che modo la crisi in corso modifica i comportamenti di consumo?
Mangiare e bere sono il crocevia di nuove contraddizioni: la loro importanza cresce quanto l’attenzione verso il corpo. Possono essere veicolo di salute e fonte di malattia, basta pensare ai ricorrenti scandali alimentari, vie di benessere e occasione di paure collettive. Il cibo e l’acqua sono flessibili: si adattano alle situazioni in cui vengono consumati, si trasformano continuamente in altro1. Be water my friend, diceva Bruce Lee qualche anno fa. Il mondo è acqua, il cibo è acqua, noi siamo acqua: dobbiamo (ri)adattarci ed esserne consci.