Quando Chopin, nato duecento anni fa, nel 1810, morì, nel 1849, trentanovenne, la sua opera aveva ormai trovato una solida collocazione come elemento di rilievo nella tradizione musicale e l’influenza da essa esercitata si avvertiva ovunque nel panorama della musica occidentale. Va però detto che il giudizio critico, anche tra i suoi più ferventi ammiratori, non poteva di certo essere considerato, in tutta sincerità, a lui favorevole. Il compositore si dedicò quasi esclusivamente al pianoforte (tre soli sono i lavori in cui questo strumento si affianca al violoncello, oltre a un trio che richiede anche il violino) e non compose sinfonie, opere teatrali, pezzi sacri: era quindi impossibile attribuirgli l’importanza di una figura davvero grande nel mondo musicale. La salute fragile, insieme alla grazia e alla delicatezza straordinaria di alcune delle sue composizioni, gli hanno comportato che gli venisse attribuita l’etichetta di effeminato. In effetti gli allievi cui Chopin impartiva lezioni erano prevalentemente donne, ma (vale la pena di notarlo) lo stesso accadeva per Liszt, il quale però insegnò anche ad alcuni veri leoni del pianoforte, come Karl Tausig, Emil von Sauer e Moriz Rosenthal, che nelle proprie interpretazioni sembravano ruggire e aggredire la tastiera.
Charles Rosen
Buon compleanno, Chopin!
da ''The New York Review of Books''A duecento anni dalla nascita del musicista, viene ricordata la sua opera in questo saggio che tratta della sua vita, ma soprattutto delle sue musiche, che per lungo tempo sono state considerate “minori” rispetto a quelle dei grandi compositori di opere teatrali e concerti, ma delle quali da qualche decennio si è riscoperto l’alto valore e la complessità (tale che è ancor oggi è molto difficile suonare uno spartito di Chopin).