Leggendo il nuovo libro di Henry Kissinger On China1, ho appreso che questi ha incontrato Deng Xiaoping almeno undici volte (più di qualsiasi altro importante politico cinese) e che argomento di una delle loro conversazioni fu la possibilità che Fang Lizhi confessasse e si pentisse.
Il 3 giugno 1989 Deng, come capo della Commissione Centrale Militare del Partito Comunista Cinese, diede l’ordine ai carri armati dell’esercito cinese di raggiungere Pechino e reprimere con la forza le dimostrazioni degli studenti riuniti nella piazza Tienanmen. Nella notte del 5 giugno, Raymond Burghardt, allora consigliere politico dell’ambasciata statunitense a Pechino, raggiunse l’albergo dove mia moglie, Li Shuxian, e io ci eravamo momentaneamente trasferiti e ci invitò a “rifugiarci” nell’ambasciata come “ospiti personali del presidente Bush [senior]”. Ci disse che avremmo potuto rimanere in quella sede per tutto il tempo necessario. Questa situazione si trasformò presto nell’oggetto di un contenzioso nelle relazioni tra Cina e Usa.
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