Oggi è il compleanno di mio fratello. Compie diciott’anni. Per la legge se ne parte il ragazzo, arriva l’uomo. Bene. Lo aspettavamo. Nella nostra casa, oggi non è solo il compleanno di Andrea. È l’anniversario pesante. Diciott’anni fa finiva un’ ordine di cose e ne iniziava un altro. Quell’inizio lo so perché me lo hanno raccontato. Zio Franco me lo ha narrato con precisione tante volte, tutti i fatti e le parole, perché qui, in questa storia, le parole contano, diceva.
Nevicava forte.
Lo zio guardava nevicare dal grande finestrone del corridoio. Riusciva ad intravedere la sua 127 verde, ormai quasi completamente ricoperta dal manto bianco, parcheggiata alla bell’e meglio davanti all’ingresso del reparto. Con il caos creato dalla neve nessuno avrebbe protestato e lui certo non si sarebbe mosso da lì, neanche se avesse visto il carro-attrezzi portargliela via sotto il naso. Manteneva la posizione, da più di mezzora, come un militare di guardia, finché un’infermiera non si era portata dietro di lui. La vide riflessa nel vetro, bassina, molto giovane e graziosa. Lo zio si girò con il suo miglior sorriso, quello che utilizzava quando voleva “fare centro” (diceva proprio così, fare centro). La bella infermiera, dopo aver ricambiato il sorriso, gli disse che sarebbe stato meglio chiamare il signor Vizzini subito, che “Qui ci siamo. Altrimenti arriva a cosa fatta…” e, con lo stesso passo calmo con cui era venuta, sparì dietro il corridoio. Qualche anno fa lo zio mi confidò che, in un’altra situazione, sarebbe pur tornato in ospedale, a chiedere alla bella infermiera il tempo di un caffè.
Zio Franco camminò diretto verso l’ingresso del reparto, dove ricordava esserci un telefono a gettoni. Davanti al telefono cercò il numero sull’agendina in pelle dell’Italia Petroli, alla voce “Guido Negozio”.
Negli anni che seguirono, tante volte ho preso di nascosto allo Zio quell’agendina. Aprivo alla lettera G e fissavo sulla pagina ingiallita quella scritta a biro nera. Mi emozionava pensare che, una volta, componendo quel numero, si potesse parlare con mio papà, “Vizzini Idraulica, buonasera sono Guido…”. Ricordo che una volta, ero bambino e il negozio l’avevamo venduto da anni, ho pregato Gesù Bambino per cinque giorni, ogni ora, chiedendo una cosa sola e promettendo mari e monti. La sera del sesto giorno, dopo essermi assicurato che fossero tutti di là in sala, composi il numero dal telefono della cucina. Rispose la signora della lavasecco. Fu scortese con un bambino. Forse è proprio in quel momento, in quella cucina, che la mia fede ha vacillato per la prima volta, per poi dissolversi pochi anni dopo.
Lo zio aspettò qualche secondo prima di comporre il numero. Pensò alle parole più convincenti. Si impose di essere deciso, autoritario, cosa che con il suo migliore amico gli rimaneva molto difficile.