Pier Luigi Farnese (1503-1547), primo duca di Parma e Piacenza, non ha lasciato nella storiografia del passato un buon ricordo di sé: sia Giuliano Goselini, autore di una Storia della congiura di Parma, sia Ireneo Affò, suo biografo, lo descrissero come un soldataccio prepotente e dissoluto, avido di denaro e persino stupratore di preti e di vescovi1.
Lo stesso Affò, che pure non manca di sottolinearne i pregi di uomo di stato e di guerra, cita a suffragio delle sue tesi un fatto assai indicativo: come quasi tutti i signori rinascimentali, il Farnese – prima governatore di Parma e Piacenza nel nome del padre, papa Paolo III, poi duca dal 1545 – teneva presso la sua corte diversi astrologi di professione, condividendo la credenza, allora diffusa, che i movimenti degli astri potessero condizionare le sorti dell’uomo. Quando il duca chiedeva quale sarebbe stata la causa della sua morte, gli astrologi solitamente rispondevano “il mal francese” o “mal napoletano”, ossia la sifilide2. Ma, secondo l’Affò, non c’era bisogno di ricorrere agli astri per formulare una simile predizione: la dimestichezza del duca con dozzine di prostitute era assai nota. Qualunque astrologo, insomma, parlando di morte per sifilide, poteva essere certo di andare sul sicuro.