J. Edgar, un film diretto da Clint Eastwood
CINEMA. Il film di Clint Eastwood di recente uscito in Italia narra la vicenda di J. Edgar Hoover, direttore dell’Fbi dal 1935 al 1972: la sua personalità, la sua attività, la sua spietatezza nel rintracciare anche il minimo passo falso di importanti uomini politici e d’affari (era temuto da tutti i personaggi pubblici di quegli anni, proprio per questa sua abilità nello scovare, anche nel lontanissimo passato, uno sgarro, una debolezza, o il più lieve sbaglio). Un J. Edgar tuttavia non così mostruoso, ma tratteggiato in maniera equilibrata, a partire dalla scelta dell’attore che lo interpreta, Leonardo Di Caprio.
Clint Eastwood ha oramai ottantun anni, un’età matura che ispira l’animo a una gentile indulgenza, o forse a un’ironica tolleranza, nei confronti dei furfanti e dei mascalzoni. Questo fatto può spiegare per quale motivo il J. Edgar Hoover tratteggiato in J. Edgar – la sua scialba rappresentazione cinematografica del poliziotto più famoso d’America – manchi curiosamente di quell’aspetto minaccioso che gli era proprio. Un J. Edgar Hoover non minaccioso è come Boris Karloff1 senza i bulloni sulla testa. A dire il vero non è certo un vecchio rammollito, ma l’Hoover di Eastwood – pur essendo un burocrate scaltro, nevrotico e a volte malvagio – non ce la fa a reggere il confronto con il vero Hoover, il quale, in qualità di creatore e direttore dell’Fbi dal 1935 al 1972, un tempo abitava i peggiori incubi di quasi chiunque avesse un interesse governativo, e di molti altri che vivevano semplicemente covando anche un minimo senso di colpa.