Scrivo queste righe… che inizio epico! Scrivo queste righe… Uno si aspetta un seguito avventuroso: da una cella nel carcere, da una yurta nel Deserto dei Gobi, dalla stazione orbitante Soyuz… Non proprio.
Scrivo queste righe nella sala di consultazione della Biblioteca Nazionale di Firenze. Scrivo con la giacca a vento addosso e i guanti di lana; mi tolgo il destro, ogni tanto, perché sul touchpad la lana non fa presa. Al tavolo davanti al mio c’è un giapponese che vedo da mesi in biblioteca, e che da mesi ha davanti sempre lo stesso libro: la Storia di Firenze di Davidsohn, volume uno, due, tre, quattro… Legge e prende appunti meticolosissimi. Sembra più resistente di me al freddo, ha solo il maglione. Viene certamente dall’Hokkaido: ha il colorito scuro, la corporatura minuta ma solida dei giapponesi dell’Hokkaido, i giapponesi dell’Hokkaido sono delle macchine da guerra. Ma adesso mi guarda con intenzione, si soffia sulle mani e, sorridendo, simula un tremito: brrr…