ROBERT BARTLETT, Why Can the Dead Do Such Great Things? Saints and Worshippers from the Martyrs to the Reformation, Princeton University Press, pp. 787, $ 39,95
JACQUES LE GOFF, In Search of Sacred Time: Jacobus de Voragine and the Golden Legend, tradotto dal francese da Lydia G. Cochrane, Princeton University Press, pp. 214, $ 29,95
Nel novembre del 1231 Elisabetta di Turingia, figlia del re d’Ungheria e vedova di Luigi IV, langravio di Turingia, morì nella città di Marburg, all’età di ventiquattro anni. Sposata prima dei quindici anni, Elisabetta diede a Luigi tre figli prima della sua morte nella crociata del 1227, quando lei aveva solo vent’anni.
Anche durante il suo sentito matrimonio la sua fede religiosa era stata caratterizzata da veglie di preghiere notturne, sostanziose opere di carità e atti di penitenza, con una intensità mai vista da parte di una moglie e madre di classe sociale così elevata e sessualmente attiva. Dopo la morte del marito fece immediatamente voto di castità, adottò il ruvido abito grigio del Terzo Ordine Francescano da poco fondato, e si sottomise alla guida spirituale di Corrado di Marburg, un ex inquisitore sadico che la separò dai suoi bambini, sostituì i suoi domestici personali con guardiani brutali e la sottopose a un regime penitenziario che includeva percosse selvagge e umiliazioni pubbliche.
Elisabetta sopravvisse agli abusi di Corrado per soli quattro anni. Ma l’umiltà e lo spirito caritatevole della sorridente principessa, che vestiva come un povero e dava personalmente assistenza ai bisognosi e ai malati in un ospedale costruito con il suo denaro, incarnò in maniera grandiosa gli ideali del suo ammirato Francesco D’Assisi. I suoi contemporanei lo notarono. A poche ore dalla morte la sua bara fu assediata da folle di avidi supplicanti in cerca di guarigione o benedizione. Pellegrini strapparono brandelli dai suoi vestiti, tagliarono i suoi capelli, le unghie e anche i capezzoli dal corpo come reliquie, ed ebbero inizio i miracoli. Una commissione papale, capeggiata per ironia della sorte dalla sua guida spirituale e torturatore Corrado, investigò i miracoli e le virtù di Elisabetta nel 1232. Papa Gregorio IX la canonizzò ufficialmente tre anni dopo.
La radiosa personalità di Elisabetta e la commozione per la brevità della sua vita la resero una dei santi più amati del Medioevo, mentre il processo della sua canonizzazione mette in luce i cambiamenti più importanti avvenuti nel culto dei santi. La sua fama segnalò l’emergere di un nuovo tipo di santità femminile, attiva nel mondo anziché relegata nella clausura.
La sua canonizzazione da parte del Papa fu anch’essa innovativa, perché nel millennio precedente qualsiasi vescovo poteva proclamare qualcuno santo, mentre questo diritto venne affermato esclusiva prerogativa papale proprio all’inizio del 1200: e non ci furono canonizzazioni papali conosciute prima del 993 d.C. Una volta stabilito, questo monopolio fu esercitato dai papi medievali con molta moderazione. Gli anni tra il 1200 e il 1250 videro un fiorire senza precedenti di energia religiosa in Europa e l’emergere di nuovi movimenti di rinnovamento religioso di successo come quello dei frati. Francesco, il Poverello di Assisi, fu solo il più famoso di una schiera di rimarchevoli eroi ed eroine cristiani. Il secolo nel suo insieme vide la venerazione locale o diffusa di oltre cinquecento di questi “santi”.