Eugenio Barba, La conquista della differenza. Trentanove paesaggi teatrali, Bulzoni, 2012, pp. 13-273, € 25
Libri. Uomo di teatro, Eugenio Barba. Forse il più autorevole nel cercare un senso al lavoro sul palcoscenico, tra la fine del secondo Millennio e l’inizio del nuovo. Un regista, Barba, che non crede alla drammaturgia scritta, alla letteratura teatrale quale partenza, al massimo trampolino per gli apporti autonomi dei singoli performer, e subalterna alla biografia allucinata dello scrittore utilizzato, più stimolante per l’immaginario personale e della compagnia. Così non fa che ribadire in più occasioni che il “teatro di carta è fatto per bruciare” (p. 199). E nondimeno, questo lettore onnivoro si rivolge di continuo alla stampa, quasi a risarcire una vocazione autorale rientrata. E nei suoi libri comunica con i grandi maestri del passato, dunque con morti, e con gli spettatori del futuro, con i non ancora nati. La sua pagina assurge così a seduta spiritica, in una dialettica temporale che sembra escludere il presente. Saggi testimoniali e insieme testamentali, dal tono umilmente sentenzioso e strutturati in un ritmo incalzante, a scongiurare il pericolo della prosa accademica. E questo anche se si circonda di devoti professori universitari, con cui si confronta durante la stesura dei testi, studiosi prelevati da vari atenei nel mondo, tra tutti per restare in Italia Fernando Taviani, suo consigliere letterario, Mirella Schino, in un sodalizio amicale quarantennale, oltre a Marco De Marinis, più defilato. Ma i i profeti inascoltati e ostacolati, i pedagoghi della ribalta del primo Novecento, rappresentano per lui, orfano di padre a dieci anni, i nonni di una famiglia privata. Famiglia non di sangue, ma di etica professionale. Tra di loro, Stanislavskij, “raffinato romanziere” nel delineare caratteri (Solitudine, p.12), nonché per la centralità della metodologia e Mejerchol’d per la ricerca della teatralità, entrambi esaltati con lessico evangelico “artisti e pescatori d’uomini” (p. 64). Da qui l’ammirazione per Ripellino che ricostruiva spettacoli non visti attraverso i libri del passato. Insomma, il teatro può tornare tramite i libri. Ecco adesso quest’ultima canoa di carta, parafrasando il titolo di una sua fortunata pubblicazione del ’93, ecco questa Conquista della differenza, scandita in 39 paesaggi, cartografia che antologizza con sapiente leggerezza materiali editi in precedenza. Rispuntano così nella nuova sistemazione discorsi tenuti dal regista mentre riceve premi e lauree ad honorem dappertutto, oltre a numerose lettere indirizzate a colleghi e attori amati. Perché montaggio e relazioni del cuore sono forse le categorie più consone all’uomo e all’artista Barba.