Nel 1817 nella cittadina di Recanati nell’Italia centrale, a circa sei miglia dalla costa Adriatica, un diciannovenne gobbo iniziò a tenere un quaderno di appunti con le parole «Palazzo Bello. Cane di notte dal casolare al passare del viandante». Palazzo Bello era la casa di amici di famiglia, ma la nota prosegue con la traduzione (dal latino) di una stanza di Aviano, uno scrittore di favole del quinto secolo dopo Cristo, poi va avanti a raccontare la storia di un lupo che ingenuamente spreca la sua giornata nella speranza di mangiare un bambino la cui madre ha minacciato di darlo in pasto ai lupi se non smette di piangere. Il bambino smette di piangere ma la madre non lo avrebbe mai dato in pasto a un lupo in ogni caso.
La pagina continua con un caustico commento su un giovane (l’autore del quaderno di appunti?) la cui poesia piena di termini arcaici rimane ampiamente incomprensibile per un’anziana signora che chiede di leggerlo perché «quelle parole non s’usavano al tempo suo», a cui egli era replica che aveva pensato che fossero usate proprio perché erano molto vecchie. In breve, questo è un mondo di fraintendimenti, frustrazioni e comunicazione incerta, di rapidi cambiamenti tra contesti familiari, aneddoti da salotto e antica letteratura, e soprattutto di linguaggio che non sta mai fermo.
Le successive due annotazioni, che ci conducono alla pagina due, offrono prima di tutto una storia condensata della letteratura dal «niente» attraverso il «vero» fino al «raffinamento», essendo l’ultimo rapidamente equiparato alla «corruzione». Sfortunatamente, «non c’è esempio che si sia tornato al vero». Quindici anni e quattromila e cinquecento pagine dopo il quaderno di appunti si chiude con cinque brevi annotazioni che includono le seguenti osservazioni:
Gli uomini verso la vita sono come i mariti in Italia verso le mogli: bisognosi di crederle fedeli benché sappiano il contrario.
Uno stato psicologico conflittuale si crea quando uno sa, ma sceglie di non sapere, perché la conoscenza non è né di aiuto né attraente. Dato il sempre presente pericolo della delusione, la negazione è la conseguenza:
Due verità che gli uomini generalmente non crederanno mai: l’una di non saper nulla, l’altra di non esser nulla. Aggiungi la terza, che ha molta dipendenza dalla seconda: di non aver nulla a sperare dopo la morte.