ANTONIO PIZZUTO, Pagelle , edizione critica commentata di Gualberto Alvino, Firenze, Polistampa, 2010, pp. 344, € 24,00
IDEM, Si riparano bambole, a cura di Gualberto Alvino, con una nota di Gianfranco Contini, Milano, Bompiani, 2010, pp. 272, € 11,00
Antonio Pizzuto è considerato il narratore più temerario del nostro Novecento. Per esser precisi bisognerebbe aggiungere che la sua novità si misura tanto con la tradizione ripudiata che con i propri stessi esiti. Il suo programma, volto al superamento del naturalismo, sconta poi il bisogno di sorpassarsi, una sorta di “coazione a non ripetere”. Ogni suo libro è un hapax (unico, che compare una sola volta. N.d.R.). Lo confermano ancora i due titoli, affidati alla competenza di Gualberto Alvino, che coronano la fioritura editoriale di questi ultimi anni1: l’edizione critica commentata di Pagelle e la ristampa nei Tascabili Bompiani di Si riparano bambole (l’editore milanese ha in cantiere anche un’Omnia pizzutiana, da allogare nella collana dei classici).
Trovarli insieme mi fa rivivere il soprassalto che è all’origine del mio interesse per Pizzuto, ormai diventato ragione di vita. Difficile dimenticare quella sera dell’estate 1989, quando, in un campeggio di Punta Ala, cominciai a compulsare i reperti del dismesso Saggiatore – Si riparano bambole e le due “puntate” di Pagelle con traduzione francese a fronte e commento, sempre in lingua, di Madeleine Santschi – che avevo, mesi prima, attinto a una bancarella di usati, incuriosito dalle eccentriche titolazioni e dal cognome siciliano: endiadi2 che prometteva una ennesima epifania della “corda pazza” di pirandelliana memoria. La realtà superò di gran lunga le attese. I due libri non potevano essere più spericolati; ma apparivano così estranei che, mancando il nome dell’autore, si sarebbero a stento potuti ricondurre a una stessa mano. A pensarci bene, il «lungo studio» di Pizzuto non è stato che un modo di misurare questo enigma.