A cura di Cettina Flaccavento
regia di Ornella Bellucci
conduce Valerio Corzani
“Hugo Pratt e altre latitudini”, è un viaggio immaginifico nel mondo poetico di Hugo Pratt, percorso al fianco dei suoi personaggi. È soprattutto con un ideale mappa o mappamondo che dobbiamo attraversare più volte questo territorio, perché questo è quello che ha fatto l’autore di Corto Maltese, viaggiando moltissimo nella sua vita e facendo viaggiare moltissimo i suoi personaggi, in primis, proprio il suo personaggio più noto. Fumetti d’avventura: in fondo, se ci pensiamo, è una definizione bellissima. Strisce, tavole disegnate, colorate, per mettere in scena uno slancio, un atto di coraggio, una voglia insopprimibile di sfidare il nuovo.
L’avventura ha sempre caratterizzato il tono, le coordinate delle tavole di Hugo Pratt. Il mondo delle sue storie è un intreccio di rotte, di scelte fatte seguendo questo imperativo categorico: l’avventura. Un imperativo che spesso veniva messo alla prova, temprato, scoperto, esaltato da un viaggio in una terra sconosciuta, dall’incontro con un popolo mai incontrato, dal curioso deambulare dei suoi personaggi. E un’avventura è stata in qualche modo anche il viaggio sudamericano di Hugo Pratt.
Dopo aver cominciato a disegnare e a farsi un nome nelle calli di Venezia insieme a collaboratori come Alberto Ongaro, Hugo Pratt e un altro manipolo di amici, tra cui anche Ivo Pavone, vengono invitati a trasferirsi in Argentina, a Buenos Aires e a lavorare per quel mercato. A Buenos Aires Hugo Pratt vivrà per 13 anni. Alberto Ongaro, scrittore e sceneggiatore di fumetti, ci parla proprio di quegli anni.
Alberto Ongaro. Il magazine ‘L’Asso di Picche’ andava molto bene. Venne “scoperto” da una signora ebrea, Matilde Finzi, molto fine e intelligente. Era l’agente di una grossa casa editrice di proprietà di ebrei italiani, scappati dall’Italia per ovvi motivi. Il proprietario di questa casa editrice vede i disegni e dice: “ Questi ragazzi devono lavorare per noi”. Allora, attraverso il suo agente, ci propone di andare in Argentina. Tutti noi eravamo iscritti all’università, tutti tranne Hugo. Volevamo finire gli studi e abbiamo detto di no. Allora ci hanno detto: «Lavorate dall’Italia per noi».