Wikiradio costruisce giorno per giorno una sorta di almanacco di cose notevoli ed utili da sapere per orientarsi nella nostra modernità. Ogni puntata racconta un evento accaduto proprio nel giorno in cui va in onda, intrecciando il passato con il presente, la memoria storica con ciò che oggi essa significa per noi. Dalla storia all’economia, dal cinema alla scienza, la letteratura, il teatro, le arti visive, la musica, i grandi momenti che hanno segnato un punto di svolta raccontati da esperti, studiosi, critici, con spezzoni di repertorio, sequenze cinematografiche, brani musicali, in un articolato mosaico che vuole restituire agli ascoltatori tutti i significati possibili di un avvenimento.
A cura di Loredana Rotundo con Antonella Borghi, Lorenzo Pavolini e Roberta Vespa.
Maurizio Bettelli
Radio 3 su carta: Woody Guthrie
Woody Guthrie è stato uno dei padri della canzone popolare americana, ma è stato anche un testimone attento e preciso di quegli anni che hanno fatto dell’America il paese più potente del mondo e allo stesso tempo anche il più ricco di contraddizioni. Le sue canzoni cantate in tutti gli angoli del pianeta, come semi sparsi nel mondo, hanno dato e continuano a dare frutti.
Il 3 aprile 1945 Woody Guthrie pubblica a sue spese una raccolta di dieci canzoni intitolata Ten of Woody Guthrie’s songs 25 cents. Book one. In questo opuscolo, completamente realizzato da lui, vengono stampati i testi di dieci canzoni che riassumono le tematiche fondamentali della sua produzione musicale, corredati da disegni e note esplicative. Nell’introduzione a questo opuscolo Woody scrive:
In queste dieci canzoni ascolterai un bel po’ di musica di un bel po’ di razze. Canzoni di tutti i colori. Queste canzoni cantano la storia, la storia con la S maiuscola. E la storia è fatta per essere cantata. Ho cantato queste canzoni in centinaia di circoli e in altrettante riunioni del sindacato e non c’è stata una volta che non abbiano avuto successo. La gente applaude e urla di approvazione. Si scalda e suda, si sbottona il colletto della camicia e si mette a cantare con me per ore. Non importa chi sei o da dove vieni, non importa il colore della tua pelle o la lingua che parli, ma ti accorgerai che da qualche parte in queste canzoni c’è una scheggia che appartiene proprio alla tua vita. Queste canzoni sono un miscuglio del mondo. Le melodie e le parole sono state cantate su tutti i mari da tutti noi e sono arrivate fino a noi dalle profondità oscure del passato.
Tra queste canzoni c’è anche “Hard Travelin’”, una sorta di manifesto che, con la scansione tipica di una ballata, ripercorre le tappe di un intera esistenza passata on the road.
Ascolta la canzone “Hard Travelin”, di Woody Guthrie
È stato duro il mio viaggio, pensavo che tu lo sapessi
È stato duro viaggiare, in lungo e in largo
È stato duro viaggiare, duro vagabondare, duro imbrogliare
È stato duro il mio viaggio, o Signore
Ho viaggiato su quei merci, pensavo che tu lo sapessi
Ho viaggiato su quei carri malandati, in lungo e in largo
Ho viaggiato con i clandestini, i disperati, i vagabondi
È stato duro il mio viaggio, o Signore
Ho scavato la dura roccia nelle cave, pensavo che tu lo sapessi
Ho lavorato alle presse, in lungo e in largo
Ho picchiato di mazza, respirato a fatica, sei piedi nel fango, ne ho spalata di merda
È stato duro il mio viaggio, o Signore
Mi son rotto la schiena a tirar su il raccolto, pensavo che tu lo sapessi
Dal Nord Dakota a Kansas City, in lungo e in largo
Ho tagliato il frumento, fatto su il fieno, mettendo in tasca sì e no un dollaro al giorno
È stato duro il mio viaggio, o Signore
Ho lavorato nelle fonderie a Pittsburgh, pensavo che tu lo sapessi
Ho scaricato scorie roventi, in lungo e in largo
Ho picchiato, ho arroventato, ho colato acciaio incandescente
È stato duro il mio viaggio, o Signore
Son stato in una cella dura come il sasso, pensavo che tu lo sapessi
Son stato chiuso lì per novanta giorni, in lungo e in largo
Quel maledetto d’un giudice mi ha detto “sono novanta giorni per vagabondaggio”
È stato duro il mio viaggio, o Signore
Ho camminato lungo la Lincoln, pensavo che tu lo sapessi
Ho battuto anche la 66, in lungo e in largo
Un carico pesante e un sacco di pensieri, sempre in cerca di una donna che non trovi mai
È stato duro il mio viaggio, o Signore.[1]
Woody Guthrie nasce a Okemah, in Oklahoma, il 14 luglio 1912. Suo padre – un mandriano, uno speculatore terriero e un politico locale – insegnerà a Woody alcune melodie tradizionali, canzoni dei cowboys, filastrocche e ballate scozzesi. Mentre sua madre Nora Belle, originaria del Kansas, dotata di un buon talento musicale, eserciterà una profonda influenza sulla futura carriera del figlio. Di struttura esile, con un gran cespuglio di capelli ricci in testa, Woody si rivela ben presto un ragazzo precoce e anticonvenzionale. Guarda al mondo con curiosità e interesse, dimostrandosi fin da piccolo un attento osservatore delle persone, della musica e dei luoghi.
Durante gli anni passati in Oklahoma, Woody si trova ad affrontare una serie di esperienze che lo segnano profondamente. La perdita prematura della sorella maggiore, Clara, morta tragicamente in un incendio, la rovina finanziaria della famiglia, a causa di speculazioni sbagliate fatte dal padre, il ricovero della madre in una clinica psichiatrica, dove morirà qualche mese più tardi, mettono a dura prova la vita familiare dei Guthrie, che nel giro di pochissimi anni andrà in fumo, così come in fumo erano andati i muri della loro abitazione a Okemah.
Nel 1922 la scoperta del petrolio in Oklahoma trasformò la tranquilla Okemah in una città frenetica e pericolosa. Le strade della cittadina iniziano a riempirsi di operai, venuti fin laggiù in cerca di un lavoro, ma anche di imbroglioni, giocatori d’azzardo e criminali. Nel giro di qualche anno il petrolio finisce e la città si ripiega su sé stessa affondando lentamente in una crisi economica senza vie d’uscita, lasciando i suoi abitanti spossati, disgustati e sfiduciati.
Le strade di Okemah, che per Woody rappresentavano l’unico punto di vista sulla vita e sul mondo, ben presto si dimostrano un orizzonte troppo limitato per la sua innata curiosità.
Con quel bagaglio di esperienze, delusioni e curiosità, Woody prende la strada e lascia per sempre Okemah. L’incapacità a vivere per più di un certo periodo in uno stesso luogo, unita all’inquietudine e alla passione per il vagabondare, sfocerà in quel “nomadismo cronico” che caratterizzerà tutto il corso della sua vita.
Nel 1931 Woody si trasferisce da uno zio a Pampa, in Texas. Qui Woody si innamora di Mary, la figlia più giovane di un certo Matt Jennings: un musicista amico di famiglia dei Guthrie. Nel 1933 Woody e Mary Jennings si sposano e nel giro di pochi anni nascono tre figli: Gwen, Sue e Bill.
A Pampa, Woody, forma il suo primo gruppo musicale, il Corn Cob Trio, che di lì a poco diventerà il Pampa Junior Chamber of Commerce Band, dando così l’avvio alla sua carriera musicale. In quegli stessi anni Woody si accorge di avere una certa predisposizione per il disegno e la pittura, talenti che svilupperà e che diventeranno, assieme alla musica e alla scrittura, le passioni che lo accompagneranno per tutta la vita.
Se la Grande Depressione, successiva alla crisi del 1929, rendeva difficile la vita di Woody e ardua la sussistenza della sua famiglia, la violenza delle tempeste di polvere, che si abbatterono sulle campagne e sulle città delle Grandi Pianure nel 1935, resero impossibile ogni tentativo di sopravvivenza. La tremenda siccità, accompagnata dalla polvere che turbinava senza sosta, obbligarono migliaia di agricoltori, operai e piccoli proprietari a spingersi dal Panhandle verso Ovest in cerca di un lavoro. In quel clima di esodo biblico, Woody, come altre migliaia di “profughi delle tempeste di polvere”, si incamminò lungo la Route 66, in cerca di un destino migliore.
Senza soldi e affamato, Woody proseguì il suo cammino verso la California con tutti i mezzi possibili: in autostop, saltando al volo sui carri merci dei lunghi convogli ferroviari che attraversavano le Grandi Pianure, e se non c’era di meglio, a piedi. Per mantenersi si adattò a fare qualsiasi lavoro, così, in cambio di un letto e di un pasto, Woody dipingeva insegne e vetrine di negozi, suonava e cantava nei saloon delle cittadine che attraversava, innamorandosi sempre di più di quella vita on the road, di cui aveva già subito il fascino in gioventù.
Ma la California del 1937 non è proprio quel “Garden of Eden” decantato dalla stampa e dalla radio. Lo scenario che si apre davanti agli occhi di Woody, appena varcato il confine con il “Golden State”, è assai simile a quello incontrato lungo tutto il percorso che dal Texas l’ha portato fin lì. Piccole città e villaggi presidiati da poliziotti e da vigilantes, campi profughi disseminati intorno alle periferie dei centri urbani, disperazione, miseria, sfruttamento e violenza. Woody, già provato dalle numerose sconfitte infertegli dalla vita, si ritrova a dover fare i conti con gli abitanti della California, spaventati fino all’isteria collettiva da questo esodo di massa, e in gran parte contrari all’immigrazione degli Okies nelle loro terre e nelle loro città.
Ascolta la canzone “DO-RE-MI”, di Woody Guthrie
Dicono che ogni giorno un sacco di gente se ne va via laggiù a est
E s’incammina su quella strada polverosa e rovente che porta in California
Rotolano via sulle sabbie del deserto, scappando da quella vecchia terra polverosa
Credono di andare in una terra succulenta, e invece ecco cosa troveranno:
Troveranno la polizia alle porte d’ingresso che gli dirà
“tu sei il numero quattordicimila, per oggi”
Se non avete dindini, ragazzi, se non avete dindini
Meglio tornare ai vostri meravigliosi Texas, o Oklahoma, o Kansas o Georgia o Tennessee
La California è il giardino dell’Eden, un paradiso da vedere e dove vivere
Ma potete crederci o no, non lo troverete così attraente
Se non avete i dindini.[2]
A Los Angeles Woody viene assunto dalla stazione radio KFVD per cantare vecchie ballate tradizionali e alcune delle sue canzoni. Assieme alla cantante e amica Lefty Lou Woody conquista l’attenzione di un pubblico sempre più vasto, diventando particolarmente noto tra le migliaia di Okies che si erano adattati a vivere nelle precarie condizioni dei campi profughi. Per molti di loro, costretti a vivere nelle baracche di cartone o nei rifugi di lamiera, le trasmissioni radiofoniche di Woody diventarono l’unico e impalpabile legame con la vita, la casa e la terra lasciati per sempre sotto la polvere.
Ascolta la canzone “I ain’t Got No Home” di Woody Guthrie
Non ho più casa e mi trascino in giro
Sono un lavoratore migrante e vado di città in città
La polizia mi rende la vita difficile ovunque io vada
E io non ho più una casa in questo mondo.[3]
La stazione radio era anche un microfono aperto al confronto e al dibattito, e durante quelle trasmissioni Woody sviluppò una certa abilità nel commentare, con arguzia e senso critico, i conflitti sociali che vedeva attorno a sé. Gli argomenti affrontati a ruota libera nel corso di quelle trasmissioni spaziavano dalla corruzione – dilagante tra politici, avvocati e uomini d’affari – ai principi di umanità e solidarietà che accomunavano, sotto un unico minimo comun denominatore, il vangelo di Gesù Cristo, le disavventure del bandito Pretty Boy Floyd e le istanze del movimento sindacale. Tutte quelle idee e tutti quei principi trovarono in Woody un avvocato combattivo pronto a schierarsi a favore della verità, della giustizia e del rispetto reciproco.
Questo ruolo divenne un elemento essenziale della sua collocazione sociale e politica che gradualmente lo porterà a scrivere una serie di canzoni ispirate alle tempeste di polvere, ognuna delle quali riflette il suo desiderio di dare voce alle persone più umili e private dei propri diritti.
Ascolta la canzone “Tom Joad” di Woody Guthrie
John Steinbeck, autore di quel Grapes of Wrath (pubblicato in Italia con il titolo Furore) che racconta la tragedia della famiglia Joad in fuga dalle tempeste di polvere, definì così Woody Guthrie nel 1941:
Woody è semplicemente Woody. Migliaia di persone non sanno che lui abbia altri nomi. Lui è solo una voce e una chitarra. Canta le canzoni di un certo tipo di gente ed io sospetto che, in qualche modo, lui sia quella gente. Una voce ruvida e nasale, la sua chitarra che pende come un ferro da gommista su un cerchione arrugginito, non c’è niente di dolce in Woody, e non c’è nulla di dolce nelle canzoni che canta. Ma c’è qualcosa di più importante per chi lo vorrà ascoltare. C’è la volontà di un popolo a tirare avanti e a combattere contro ogni tipo di oppressione. Credo che tutto questo sia ciò che noi chiamiamo lo Spirito americano.
Ma a Woody non piaceva il successo e non si sentiva particolarmente a suo agio a convivere con esso, così come si sentiva fuori posto a vivere a lungo nello stesso luogo. Per questi motivi, nel 1940, Woody decide di far rotta verso est e di raggiungere New York City. Qui viene immediatamente accolto dagli intellettuali progressisti e dagli artisti di sinistra, per quella sua saggezza un po’ steinbeckiana e casereccia, e per quella sua musica così “autentica”. Lo stesso anno, lo studioso di tradizioni popolari Alan Lomax effettuò delle registrazioni, per conto della Library of Congress di Washington, durante le quali Woody cantava alcune canzoni inframmezzate da lunghe dissertazioni e spiegazioni, dando a queste incisioni il sapore di una lunga chiacchierata tra due buoni amici. Woody incise anche le “Dust Bowl Ballads” per l’etichetta discografica RCA Victor, e quello fu il suo primo album di canzoni originali. Durante gli anni ’40, Woody registrò anche un gran numero di brani per Moses Asch, fondatore della Folkways Records. Le incisioni di quel periodo rappresentano ancora un riferimento importante per molti autori e cantautori sparsi in tutto il mondo. A New York Woody intrecciò amicizie profonde con molti artisti già affermati, come Lead Belly, Cisco Houston, Pete Seeger, Will Geer, Sonny Terry, Brownie McGhee, Josh White e tanti altri, con alcuni di questi si esibì in pubblico, effettuò registrazioni e diede vita a un ben assortito gruppo folk, chiamato gli Almanac Singers le cui canzoni erano imperniate sulla pace, l’anti-fascismo e le lotte sindacali.
Ascolta la canzone “Union Maid” degli Almanac Singers
C’era una volta una donna del sindacato che non aveva paura di nessuno
Né dei picchiatori, né degli energumeni, né degli spioni della compagnia e neppure degli sceriffi e delle loro retate
Entrava nella sede del sindacato, durante la riunione
E quando i ragazzi dell’associazione cercavano di trattenerla
Lei li fronteggiava così
Oh no, non potete certo spaventarmi, io sono una del sindacato
Sono una del sindacato, una del sindacato.
Oh no, non potete certo spaventarmi, io sono una del sindacato
Sono una del sindacato finché vivrò[4]
A dispetto dei suoi successi, Woody si sentiva sempre più inquieto, oltre che un po’ deluso dall’industria dell’entertainment e dalle stazioni radiofoniche newyorchesi. Sentendosi minacciato dalla censura scrisse: «Sono disgustato dalle regole codarde e isteriche imposte dalla censura alle mie canzoni e alle mie ballate, già bandite da tutte le strade che attraversano gli stati del Sud».
Lasciando New York, con la moglie e i suoi tre figli piccoli al seguito, Woody si diresse a Portland, nell’Oregon, dove si stava girando un documentario sui cantieri impiantati dalla Bonneville Power Authority per la realizzazione della Grand Coulee Dam (la prima di una serie di grandi dighe volute da Roosevelt sul fiume Columbia). La produzione aveva affidato al talento di Woody il compito di scrivere le musiche di commento al documentario.
Ascolta la canzone “Roll On Columbia” di Woody Guthrie
Più avanti su quel fiume c’è la Grande Coulee Dam
La cosa più potente mai costruita dall’uomo
Per far sì che le grandi fabbriche possano andare avanti e per irrigare le terre
Dai, scorri Columbia, vai giù.
Scorri Columbia, vai giù
La tua energia sta portando l’alba alla nostra oscurità
Dai, scorri Columbia, vai giù.[5]
Quando il suo contratto con la Bonneville Power Authority terminò, Woody e la sua famiglia tornarono a vivere a Pampa, in Texas. Ancora una volta l’indomabile senso di inquietudine ebbe il sopravvento sulla serena vita domestica e così, con la speranza di tornare a lavorare nelle stazioni radiofoniche, Woody riprese la strada, determinato a raggiungere New York in autostop. Il suo viaggiare senza sosta, e la conseguente mancanza di un lavoro regolare, in quei primi anni ’40 costarono alla sua famiglia un prezzo molto alto. Il coinvolgimento sempre maggiore da parte di Woody nei movimenti politici radicali e progressisti lo tennero – se possibile – ancor più lontano da casa, provocando una rottura insanabile nel suo rapporto con Mary, e l’inevitabile fine del suo matrimonio.
Tornato a New York, Woody iniziò a corteggiare con insistenza Marjorie Mazia, una giovane ballerina della compagnia di danza di Martha Graham. Condividendo ideali umanitari e attivismo politico, Woody e Marjorie si sposarono nel 1945 e nel giro di pochi anni misero al mondo quattro figli: Cathy (che morì tragicamente in un incendio all’età di quattro anni – ancora una volta una morte accidentale in casa Guthrie provocata dal fuoco), Arlo, Joady e Nora Lee.
Questa relazione offrì a Woody un minimo di stabilità domestica e quell’incoraggiamento che precedentemente non aveva mai conosciuto, dandogli la possibilità di creare un gran numero di canzoni originali, scritti, disegni, dipinti, poesie e racconti. Il suo primo romanzo Bound for Glory (pubblicato in Italia con il titolo Questa terra è la mia terra) – quasi un’autobiografia degli anni delle tempeste di polvere – venne pubblicato nel 1943, e fu ben accolto dalla critica.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, mosso dalla sua ferma volontà a combattere il fascismo, Woody si arruolò come volontario nella Marina Mercantile (che forniva servizi di approvvigionamento truppe affiancando le operazioni militari alleate in Europa). Imbarcato sulle navi, per rincuorare le truppe Woody compose centinaia di canzoni contro Hitler e contro il fascismo, come “All You Fascists Bound To Lose”, “Talking Merchant Marine” oltre a un certo numero di ballate storiche.
Ascolta la canzone“Talking Merchant Marine” Woody Guthrie
Questo convoglio è il più grande che io abbia mai visto
Si estende ovunque su questo mare
E le navi suonano le loro sirene e fan rintoccare le loro campane
Accompagneranno col loro suono la caduta di tutti i fascisti all’inferno,
la vittoria della libertà, la liberazione, o qualcosa del genere.[6]
Quando Woody tornò dal servizio militare, Moses Asch gli offrì parecchie centinaia di dollari perché scrivesse alcune ballate sulla vicenda di Sacco e Vanzetti: un fatto che, sebbene accaduto vent’anni prima, rappresentava ancora per molti americani di sinistra un ricordo doloroso. Così, tra il 1946 e il 1947 Woody scrisse un certo numero di canzoni per raccontare i fatti e i retroscena che portarono alla sentenza capitale i due sfortunati anarchici italiani. Di queste, una decina furono registrate negli studi di Ash e pubblicate dalla Folkways molti anni più tardi, nel 1964, con il titolo di “The Ballads of Sacco and Vanzetti”.
Ascolta la canzone “Two Good Men” di Woody Guthrie
Due uomini per bene, tanto tempo fa
Due uomini per bene, tanto tempo fa
Sacco e Vanzetti tanto tempo fa
Mi hanno lasciato qui a cantare questa canzone.[7]
Sempre in quegli anni Woody compose e registrò due raccolte di canzoni dedicate ai bambini: “Songs to Grow On For Mother and Child” e “Work Songs To Grow On”, che lo fecero conoscere anche come innovativo autore di canzoni dedicate all’infanzia.
Quello che aveva spinto Woody a comporre quelle canzoni era l’intenzione di trattare argomenti importanti, cercando di utilizzare lo stesso linguaggio usato dai bambini quando comunicano tra loro. Nacquero così alcune tra le più belle composizioni sulla solidarietà e l’amicizia, sul vivere insieme in famiglia, sulle faccende quotidiane e sulle piccole responsabilità individuali o anche semplici filastrocche e scioglilingua per divertirsi.
Ascolta la canzone “My Daddy Flies That Ship In The Sky” di Woody Guthrie
Una ragazzina dai capelli ricci con un gran sorriso luminoso
Sentì il rombo di un aereo che attraversava il cielo
Allora disse alle sue amichette, con gli occhi che le brillavano
Il mio Papà guida quella nave nel cielo
Mio Papà guida quella nave nel cielo
Mio Papà guida quella nave nel cielo
Mia Mamma non ha paura e neppure ce l’ho io
Perché è il mio Papà che guida quella nave nel cielo
Poi un bimbo col naso a patata, sbatacchiando i calcagni l’un l’altro
Disse, il mio Papà lavora nella fabbrica del ferro e dell’acciaio
Il mio Pa’ costruisce gli aeroplani che volano su nel cielo
Ed è questo che tiene a galla il tuo Papà così in alto lassù
Questo è ciò che tiene a galla il tuo Papà così in alto lassù
Questo è ciò che tiene a galla il tuo Papà così in alto lassù
Il mio Pa’ costruisce gli aeroplani che volano su nel cielo
Ed è questo che tiene a galla il tuo Papà così in alto lassù
Allora un bimbo dalla faccia piena di lentiggini, schiacciando l’alluce dentro la sabbia
Disse, il mio Papà lavora là dove gli aerei atterrano
Dillo alla tua Mamma, che non deve aver paura
Il mio Pa’ aiuterà il tuo Papà a tornare a casa
Il mio Pa’ aiuterà il tuo Papà a tornare a casa
Il mio Pa’ aiuterà il tuo Papà a tornare a casa
Non temere se ci sarà buio o se pioverà
Il mio Pa’ aiuterà il tuo Papà a tornare a casa.[8]
Vivendo a Coney Island, Woody entrò in contatto con la comunità ebraica locale, tramite la madre di sua moglie, Aliza Greenblatt, una poetessa Yiddish. Affascinato e ispirato da questa nuova conoscenza, scrisse una importante raccolta di canzoni attinenti alla cultura ebraica, come “Hanuka Dance,” “The Many and The Few” e “Mermaid’s Avenue”. Molte di quelle canzoni sono state riscoperte e valorizzate in tempi recenti da gruppi come i Klezmatics e i Wilco, e da artisti come Billy Bragg, Joel Rafael e altri ancora.
Ma quella che sembrava delinearsi come una vita familiare finalmente tranquilla e serena cominciò improvvisamente a incrinarsi. Verso la fine degli anni ’40, il comportamento di Woody cambiò sensibilmente, dando segni di un certo disordine mentale. Andava soggetto a repentini quanto incontrollabili sbalzi d’umore, che lo facevano apparire a volte irascibile, a volte scostante e violento senza alcun motivo apparente, creandogli difficoltà e tensioni nella vita personale e professionale. A seguito di una furiosa lite, Woody ancora una volta abbandonò la sua famiglia e volò in California in compagnia del suo giovane amico Ramblin’ Jack Elliott. Si stabilì a Topanga Canyon, a casa dell’attore Will Geer, dove incontrò Anneke Van Kirk, una giovane donna che diventò la sua terza moglie e da cui ebbe una figlia, Lorina.
I primi anni ’50 negli Stati Uniti videro il sorgere di sentimenti anticomunisti. Gli americani simpatizzanti della sinistra e quelli di mentalità progressista subirono le azioni repressive della politica maccartista. Molti artisti e persone impegnate nel mondo dello spettacolo, persero l’occupazione o dovettero affrontare serie difficoltà per continuare a lavorare. Il gruppo dei Weavers, di cui faceva parte anche Woody, fu bollato e additato per le sue prese di posizione a favore dei sindacati, e per le sue battaglie per i diritti civili e la libertà di parola. Woody si diresse a Sud, verso la Florida, dove l’amico e sostenitore Stetson Kennedy aveva messo a disposizione una sua proprietà per offrire riparo a quegli artisti messi al bando dal Maccartismo. In Florida Woody lavorò al suo terzo romanzo Seeds of a Man (I semi dell’uomo), e scrisse canzoni ispirate dalla presa di coscienza nei confronti dei problemi razziali e ambientali.
Diventato sempre più imprevedibile nell’umore e nelle reazioni, durante uno dei suoi viaggi, Woody ritornò a New York con Anneke, e qui, con l’aggravarsi delle sue condizioni psichiche, subì vari ricoveri in ospedale. Inizialmente gli fu diagnosticato di tutto, dall’alcolismo alla schizofrenia, ma i suoi sintomi continuavano a peggiorare e le sue condizioni fisiche a deteriorarsi. Arrestato per vagabondaggio nel New Jersey, nel 1954, fu internato nel vicino Ospedale Psichiatrico di Greystone, dove alla fine gli fu diagnosticato il Corea di Huntington, una malattia che provoca un disordine degenerativo del sistema nervoso, irreversibile e incurabile. Durante quegli anni, Marjorie Guthrie, la famiglia e gli amici, non smisero di andarlo a trovare prendendosi cura di lui. Contemporaneamente, una nuova generazione di musicisti iniziava a interessarsi alla musica folk facendola tornare alla ribalta in una sorta di nuovo folk revival. Joan Baez, Bob Dylan, The Greenbriar Boys, Phil Ochs, e molti altri giovani folksinger si recavano al capezzale di Woody in ospedale, portandosi dietro la chitarra e suonando le stesse canzoni di Woody, riconoscendo in lui un vate e un padre putativo.
Woody Guthrie morì il 3 ottobre 1967, mentre era ricoverato al Creedmor State Hospital nel Queens a New York. Le sue ceneri furono sparse nelle acque antistanti le spiagge di Coney Island.
Woody Guthrie è stato il cantore dell’altra America, quella di chi vive ai margini del grande sogno americano e non si rassegna a chinare la testa ma alza la voce e combatte per sostenere i propri diritti e affermare la propria dignità. Nei suoi 55 anni di vita Woody ha composto i testi di oltre 3.000 canzoni, ha scritto quattro romanzi, realizzato disegni e dipinti, pubblicato numerosi interventi, poesie, prose e commedie, oltre a centinaia di lettere e articoli che sono stati riuniti e catalogati dalla figlia Nora presso i Woody Guthrie Archives a New York. I suoi disegni e i suoi sketch sembrano istantanee scattate con la matita e fissate su brandelli di carta qualunque, ma in quei tratti di matita, come in tutte le sue canzoni e in tutti i suoi scritti, ciò che emerge con prepotenza è l’essenza dello spirito americano, quello che lega assieme con un unico fil rouge Jefferson e Kennedy, Roosevelt e Obama. E non è certo un caso se Barack Obama, nel giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, sia stato salutato dal popolo statunitense non con le note di “The Star Spangled Banner”, cioè l’inno nazionale americano, bensì con “This Land is Your Land”, quella ballata scritta da Woody in un albergo di infima categoria a New York in un freddo inverno del 1940 e che sostiene con forza e convinzione che Questa terra è stata fatta per te e per me.
[1] “Hard Travelin’” – Woody Guthrie. © Copyright Woody Guthrie Publications, Inc. & TRO-Ludlow Music, Inc. (BMI) Traduzione italiana a cura di Maurizio Bettelli.
[2] “DO-RE-MI” – Woody Guthrie. © Copyright 1961 (renewed) by Woody Guthrie Publications, Inc. & TRO-Ludlow Music, Inc. (BMI) Traduzione italiana a cura di Maurizio Bettelli.
[3] “I ain’t Got No Home” – Woody Guthrie © Copyright 1961 (renewed) and 1963 (renewed) by Woody Guthrie Publications, Inc. & TRO-Ludlow Music, Inc. (BMI) Traduzione italiana a cura di Maurizio Bettelli.
[4] “Union Maid” – Woody Guthrie © Copyright 1960 (renewed) and 1963 (renewed) by Woody Guthrie Publications, Inc. & TRO-Ludlow Music, Inc. (BMI) Traduzione italiana a cura di Maurizio Bettelli.
[5] “Roll On Columbia” – Woody Guthrie, Music based on “Goodnight, Irene” (Huddie Ledbetter and John Lomax) © Copyright 1936 (renewed), 1957 (renewed) and 1963 (renewed) by Woody Guthrie Publications, Inc. & TRO-Ludlow Music, Inc. (BMI) Traduzione italiana a cura di Maurizio Bettelli.
[6] “Talking Merchant Marine” – Woody Guthrie © Copyright 1958 (renewed) and 1986 (renewed) by Woody Guthrie Publications, Inc. Traduzione italiana a cura di Maurizio Bettelli.
[7] “Two Good Men” Woody Guthrie © Copyright 2000 by Woody Guthrie Publications, Inc. Traduzione italiana a cura di Maurizio Bettelli.
[8] “My Daddy Flies That Ship In The Sky” Woody Guthrie © Copyright 1951, 1956, and 1963 (renewed) and 2008 by Woody Guthrie Publications, Inc. Traduzione italiana a cura di Maurizio Bettelli.