RICHARD SEAVER, The Tender Hour of Twilight: Paris in the ’50s, New York in the ’60s: A Memoir of Publishing’s Golden Age, a cura di Jeannette Seaver, Farrar, Straus and Giroux, 457 pp., $35.00
Nessun bambino sogna di diventare un editor. Uno scrittore, forse. Una fonte d’ispirazione, magari, intesa come musa. Com’è allora che si diventa editor?
Richard Seaver suggerisce che gli editor siano semplicemente delle persone che ammirano gli scrittori. Seaver è cresciuto vicino Wilkes-Barre, Pennsylvania, e ha scritto una tesi su Hemingway all’università del North Carolina. Il titolo era “Ernest Hemingway: Il Sentimento Interiore Buono”, ispirato all’affermazione di Hemingway che «è morale ciò che dopo ti fa sentire bene». Nel 1948, durante un soggiorno in Europa dopo la laurea, ebbe l’occasione di mostrare il suo saggio al figlio di Hemingway, Patrick, che lo reputò un lavoro dannatamente buono e gli diede l’indirizzo di suo padre a Cuba; ma egli fu troppo umile per usarlo. Gli altri scrittori che Seaver ammirava erano James Joyce, Eugène Ionesco e Samuel Beckett. Alla Sorbona scrisse una lezione su Joyce e riuscì a recitare a memoria alcune parti del Finnegans Wake con l’accento di Joyce. Disse agli altri editor espatriati a Parigi di conoscere altri due buoni scrittori che scrivevano in francese, entrambi stranieri: il rumeno Ionesco e l’irlandese Beckett. Joyce era già stato scoperto e pubblicato dalla generazione precedente, ma Beckett era ancora sconosciuto.