Claudio Giunta
Dato che l’Islanda è un’isola praticamente uniforme, la terra del fuoco dell’acqua e dei ghiacci, i racconti di viaggio in quest’isola sono più o meno tutti uguali, e tutti piuttosto noiosi. Con cadenza più o meno ventennale l’Europa, generalmente la Gran Bretagna, ha mandato un suo emissario a visitare il Paese – un missionario, uno specialista di saghe nordiche, un lord che non sa come ammazzare il tempo, una zitella milionaria con la mania dei climi freddi… E l’emissario torna e racconta sempre le stesse cose quasi sempre nello stesso ordine. Viaggio per mare, arrivo a Reykjavík, descrizione del villaggio, grande ospitalità degli abitanti nella loro dignitosissima povertà, dialogo in latino col parroco, acquisto o nolo dei cavalli, visita a Thingvalla, rotta a Nord per Akureyri, citazioni strategiche dalle saghe, estenuanti partite a scacchi aspettando che il tempo migliori, bicchierate con la gente che li ospita o che va a trovarli, ritorno costeggiando i ghiacciai, schizzi dei geyser, ornitologia, ritorno in patria. Niente musei, niente chiese, niente concerti, perché in Islanda non c’era niente del genere. Pochi imprevisti, tutti legati al clima o alle condizioni del mare.