Articolo dall’archivio storico di ‘The New York Review of Books’. Questo articolo è stato pubblicato il 15 agosto 2002.
Walt Whitman non era noto come critico d’arte ma, quando disse che Thomas Eakins «non è un pittore, è una forza», nello stesso tempo evidenziò il fascino di questo artista e il fraintendimento basilare che esiste sul suo conto. Per molti decenni c’è stata una certa confusione tra l’Eakins artista e l’Eakins esempio di integrità, l’uomo che conferì una valenza etica al movimento realista del Diciannovesimo secolo, sia quando voleva realizzare con le sue rappresentazioni e coi personaggi in esse contenuti un mondo matematicamente ordinato, sia quando insisteva nel riprodurre l’esatta natura anatomica di chi posava di fronte a lui, sia quando rifiutava di mostrare i suoi modelli in atteggiamenti diversi rispetto a quelli abituali, rispetto alla loro espressione di tutti i giorni. Il nome di Eakins è divenuto quasi un sinonimo dell’idea che una vita spesa nell’arte necessiti di non essere scissa dalla ricerca di una fibra morale. Il suo licenziamento dalla direzione della Pennsylvania Academy of the Fine Arts, nel 1886, per la sua insistenza che un modello maschio dovesse posare senza perizoma in un corso frequentato da donne, rimane uno dei momenti più clamorosi nella storia dell’arte americana.